Titolo del corso:
Presence is absence: comunicazione e criminalità in The Young Pope.
Il corso si focalizza sulle strategie di narrazione mediale riguardanti la ricorsività di eventi criminali all’interno di spazi ritenuti in apparenza sicuri, con particolare riguardo alla rappresentazione del rischio da parte dell’informazione mainstream. Il corso propone una sezione teorica incentrata sulla sociologia del rischio di Beck, funzionale allo studio della rappresentazione del crimine come info-tainment al tempo della società mediale. Tale analisi si rivolge in particolare agli spazi educativi e religiosi, non di rado scenario di condotte criminali. Di qui il concetto di spazio religioso come spazio del rischio, legato soprattutto alle strategie narrative televisive e cinematografiche.
La connotazione mediale del crimine ha subito negli anni mutamenti significativi, legati all’evoluzione del giornalismo, alla pervasività del mainstream e all’avvento della rete. Si tratta di un aspetto messo in evidenza anche dalla communication research, grazie all’introduzione di fortunati concetti del campo degli studi sui mezzi di comunicazione, come quello di logica dei media. Dalla tecnologia all’intrattenimento, passando per l’attualità e l’informazione, la logica e il potere dei media si trasformano in cultura della società, plasmata dal racconto (anche criminale) del rischio che scandisce la realtà quotidiana, anche in campo artistico e religioso. Si tratta di un aspetto evidenziato da Beck nel volume Il Dio personale, a proposito dei processi di individualizzazione della fede legati tanto ai rischi digitali, quanto al fallimento delle istituzioni, comprese quelle religiose: vi si evidenziano gli effetti della globalizzazione sul piano della costruzione di universi simbolici frammentari e labili, inficiati dalla narrazione permanente non solo dell’incertezza, ma anche della violenza. Di qui l’introduzione dei concetti di “dittatura del relativismo”, “religiosità fluida”, “politeismo soggettivo”, che hanno a che fare con la narrazione del Dio personale, anche in chiave televisiva. La serie TV di Paolo Sorrentino The Young Pope, declina la ricerca di Dio attraverso l’analisi delle contraddizioni e delle ambiguità che caratterizzano la pratica del potere spirituale. I capolavori dell’arte manieristica e barocca fanno da sfondo allo sgretolamento delle certezze dell’uomo post-moderno, impegnato nella strenua ricerca di verità che possano dare senso alle insanabili incertezze delle coscienze. Lenny Belardo, alias Pio XIII, che Sorrentino dipinge come un giovane papa sradicato, alla ricerca delle proprie origini familiari, e che si scontra con gli intrighi, le ipocrisie, gli abusi, le lacerazioni di un mondo, quello ecclesiastico, che non è esente da quelle aporie comportamentali, politiche ed etiche denunciate più volte da Papa Francesco. Al di là della cifra estetizzante che ne caratterizza l’agire, Pio XIII ripensa il ruolo della comunicazione e dell’informazione: meglio non comunicare, meglio non apparire, così da accrescere l’aura di mistero intorno alla sua figura, contravvenendo così alle regole della società dello spettacolo e del mainstream. Il contrasto alla violenza e alle prevaricazioni richiede un ridotto livello di visibilità, secondo una strategia comunicativa antifrastica efficacemente rappresentata da Sorrentino nella sua serie televisiva, sospesa tra ricerca del vero e narrazione del male.
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